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Alkan, Nietzsche e la filosofia al pianoforte: dialogo con Vincenzo Maltempo

di Filippo Simonelli - 8 Settembre 2022

Come in ogni settembre, torna il Festival Pianistico Internazionale Bartolomeo Cristofori a Padova. Ogni anno la manifestazione patavina, giunta ormai alla sua quinta edizione, viene costruita attorno a un tema portante che funge da architrave e punto di contatto tra gli eventi e i concerti che si snodano nell’arco di quasi due settimane.

Quest’anno si parla di musica e università, per legare una giovane realtà come quella del festival Cristofori con una ben più antica, l’Università di Padova, che ha raggiunto il prestigioso traguardo degli ‘800 anni di attività, con l’Urbs Picta tutta sullo sfondo a fare da cornice. Ogni giornata di festival è idealmente legata dunque ad una delle scuole dell’Università – Medicina, Letteratura, Filosofia e Matematica – che entrano in contatto con l’universo della musica in modi sempre nuovi.

A gettare il ponte tra la filosofia e la musica sarà la musica di Nietzsche, interpretata dal virtuoso Vincenzo Maltempo coadiuvato dal professor Franco Biasutti, emerito di filosofia presso l’ateneo padovano. Ma la musica di Nietzsche è solo il collegamento più evidente in un programma che comprende anche pagine di Skrjabin e Beethoven, entrambi compositori che hanno usato le proprie pagine per trasmettere un ideale filosofico. Il concerto è in programma per il 9 settembre alle ore 21 presso la sala della Carità.

Ma se si parla di e con Vincenzo Maltempo non si può non parlare di Charles Valentin Alkan, compositore di cui il pianista campano è esperto di fama internazionale. E proprio da qui abbiamo preso lo spunto per una conversazione che riguarda non solo il programma del concerto, ma anche il suo lavoro di contorno per creare un pubblico più consapevole e fornire a chi ascolta strumenti per comprendere e approfondire una musica ricca e complessa proprio come quella del pianista-compositore francese.

Iniziamo con una domanda forse scontata ma che è ideale per rompere il ghiaccio: com’è nata questa passione così grande per Alkan, talmente importante da andare anche oltre l’aspetto esecutivo

Beh, Alkan è stato uno dei tanti compositori che ho incontrato nel mio percorso di studi, in quel periodo in cui uno studente che ha la voglia e la curiosità di esplorare deve andare oltre quello che il suo programma di lezioni. Leggere, scoprire e approfondire tante cose che spesso altrimenti non ci verrebbero proposte, per scoprire quello che c’era attorno ai grandi compositori più famosi. Così leggendo di Chopin e Liszt spuntano nomi di tanti artisti e compositori “collaterali” che hanno vissuto la loro stessa epoca, e tra questi c’era proprio quello di Alkan. Fin dal primo impatto con la sua musica, mi pare che fosse il primo movimento della sua sonata per pianoforte, ho capito che si trattava di un compositore diverso, notevolissimo e originale rispetto a quelli che avevo ascoltato fino ad allora. Proprio in questa sua originalità, pur rispetto ad un periodo che conoscevo già abbastnza bene, mi ha portato ad approfondirlo.

E questo riguarda l’aspetto esecutivo, che ha sicuramente riguardato sia i brani più celebri del suo repertorio che quelli meno noti… poi però si è passato “dall’altra parte” con un lavoro editoriale. Come ci si sente a fare questo salto?

In realtà è stata una cosa non dico naturale, ma quasi… io ho iniziato a studiare Alkan in manira non sistematica, studiando qualche brano qua e al. Poi però mi è arrivata una proposta della Piano Classics di registrare le sue opere più importanti, e da lì ho iniziato a fare un lavoro di ricerca totale sul compositore. Avevo una responsabilità maggiore, e proprio questa mi ha motivato ad approfondire su un compositore di cui effettivamente si sa poco, molto poco. E andando sempre più avanti ho notato come il materiale su di lui era molto difficile da reperire ma come soprattutto in Italia mancasse materiale su di lui, nonostante molti pianisti cominciassero ad interessarsi alla sua musica e anche il pubblico si faceva sempre più curioso. Quando porto in giro la sua musica, ancora oggi mi arrivano commenti di persone che addirittura non riescono a collocarlo nel tempo per la sua originalità: c’è chi mi dice che potrebbe aver scritto nel Novecento, chi invece nel Settecento… ma sempre con qualcosa di “strano”. E allora per dare al pubblico italiano degli strumenti per capire di chi stiamo parlando ho utilizzato tutto il materiale che avevo faticosamente raccolto per me stesso negli anni in una biografia breve ma esaustiva. È breve perché paradossalmente la vita di Alkan per molto tempo è stata molto… poco interessante, avendo lui vissuto a lungo in solitudine!

Per fortuna però ci sono tante pagine di analisi dedicate ai suoi brani, straordinari. È pur sempre divulgazione, ma è un lavoro comunque necessario.

N.d.A.: il lavoro di Vincenzo Maltempo non è di carattere puramente biografico, ma dal 2018 collabora con la Henle Verlag per la revisione e le indicazioni tecniche e di diteggiatura delle opere pianistiche di Alkan.

Nonostante questo tipo di sforzi, Alkan fa ancora oggi parte delle “rarità” pianistiche che vengono inserite nei programmi per dare un sapore quasi esotico. Nel concerto in programma per il Festival Bartolomeo Cristofori la rarità è ancora più originale: si tratta di musica di Friederich Nietzsche, certo non un nome sconosciuto ai più ma per motivi non musicali.

Allora, c’è da dire che c’è rarità e rarità. Alcuni brani non di repertorio su cui mi sono trovato a mettere le mani sono effettivamente importanti ed è necessario far si che vengano tirati fuori dal mare di contingenze – dalla marea di musica! – che ha caratterizzato ciascun periodo storico e compositivo. Alkan è ancora un altro caso tra i compositori “minori”…

Questa sarebbe un’altra storia però, o no?

A me personalmente questo discorso interessa, perché ho una curiosità naturale che va anche oltre l’aspetto musicale. Tornando al caso di Nietzsche, non avevo mai suonato la sua musica in pubblico prima di questo invito di Alessandro Tommasi, e non lo considero, come credo sia opinione di tutti gli addetti ai lavori, un compositore da proporre a cuor leggero. Si tratta pure sempre di un filosofo che ha scritto musica, come hanno fatto anche altri artisti e creativi nella storia. È un dilettante della musica, ha dato chiaramente il meglio di se nel suo ambito in cui è stato assolutamente rivoluzionario. Per lui la musica aveva chiaramente un richiamo fortissimo per esprimere qualcosa di profondo al suo interno, ma i mezzi che aveva a disposizione non erano i migliori. Bisogna sempre ricordarsi che la composizione è un mestiere, serissimo, e non basta l’ispirazione o l’imitazione per far venire meno queste necessità. Talvolta si intravede uno Schumann, o armonicamente si appoggia al suo idolo Wagner – ma anche qui sappiamo che il loro rapporto è stato controverso. Dal punto di vista compositivo “puro” non è molto interessante, ma suonare la sua musica conoscendo la lucidità del suo pensiero filosofico si trova una chiave per un mondo più intimo, con una razionalità diversa, che non è esprimibile a parole. Talvolta lo stesso Nietzsche diventa persino oscuro e contorto nelle sue composizioni, anche in quelle più brevi…

Ma chi sarà in sala avrà la chiave di lettura del Professor Biasutti dell’Università di Padova. Per un musicista com’è lavorare con un filosofo o comunque interagire col suo mondo?

Questo è un discorso molto difficile e complesso, e riguarda il rapporto tra musica e tutte le altre discipline del pensiero oltre a questo singolo concerto: in generale, c’è sempre un qualcosa che arricchisce sia chi ascolta che chi interpreta un brano a partire da queste premesse. Nel caso di questo concerto, ho cercato di trovare un tratto d’unione proprio nel pensiero filosofico che caratterizza tutti gli autori che porterò in programma.

Da un lato c’è un filosofo vero e proprio, dall’altro dei compositori che fanno – anche – della filosofia con la loro musica…

Esatto. Paradossalmente non credo però che la musica di Nietzsche abbia una chiave filosofica, il suo pensiero è esposto nei suoi testi direttamente. Skrjabin invece affida il suo pensiero alla musica, gli da una forma concreta anche se non verbale. Anche Beethoven fa un qualcosa di simile, pur nel suo periodo storico. Mi rendo conto che possa suonare un po’ ambiguo, ma Beethoven è importante – soprattutto in questo contesto – perché considera la musica non più come intrattenimento, e la sua presenza così forte è data proprio dal desiderio di superare la funzione che spesso era stata affidata alla musica nei secoli a lui precedenti. Se togliamo la musica sacra, possiamo dire con facilità che prima di Beethoven buona parte della musica era stata scritta con una finalità di questo genere, quasi ludico. Non che mancassero i capolavori prima di lui, ci mancherebbe, ma da Beethoven in avanti assumono un’altra statura filosofica, per l’appunto. Basti pensare al messaggio di fratellanza che filtra tra le battute della Nona Sinfonia, per fare l’esempio più ovvio.

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